L’Onda o “Il potere attraverso la disciplina”

In una scuola superiore tedesca, durante una lezione sul tema dell’autocrazia, l’insegnante Rainer Wenger chiede ai suoi studenti se in Germania è ancora possibile una dittatura; uno studente replica seccamente che è impossibile, perché le nefaste conseguenze sono note a tutti. Ma quel professore, stimolato dall’argomento, metterà in piedi un esperimento sociale che – con  la collaborazione dei suoi studenti – permetterà la nascita di un movimento autoritario e violento.

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Questa è la trama del film tedesco L’Onda, diretto da Dennis Gansel nel 2008: la pellicola si basa su un romanzo dal titolo omonimo, che a sua volta prende spunto da eventi realmente accaduti nel 1967 in una scuola della California.

Nell’esperimento sociale condotto da Wenger, la prima mossa è quella di scegliere un leader della classe, scelta che ricade sull’insegnante stesso, il quale stabilisce precise regole riguardanti il comportamento degli alunni. Viene scelto anche un nome – L’Onda, appunto – per contribuire al rafforzamento dell’identità di gruppo e, infine, l’insegnante “obbliga” i suoi sottoposti a indossare una sorta di uniforme, costituita da jeans e camicia bianca, istituendo perfino un saluto di riconoscimento fra membri. Continua a leggere

Elogio dell’immobilismo: Il Gattopardo di Luchino Visconti

11 Maggio 1860: circa mille uomini, guidati da Giuseppe Garibaldi, sbarcarono a Marsala, in Sicilia, con lo scopo di rovesciare la monarchia borbonica all’epoca presente su tutto il Meridione. Questo evento storico fu l’inizio della fine per il Regno delle Due Sicilie, portando poi all’Unità d’Italia. Un episodio che funge da incipit anche per uno dei più celebri romanzi italiani della seconda metà del ‘900, Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa.

Rifiutato da diverse case editrici (fra le quali la Mondadori), il manoscritto fu poi pubblicato dalla Feltrinelli, ottenendo un clamoroso successo; nel 1963 avvenne la trasposizione cinematografica per la regia di Luchino Visconti.

«Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi»

G1Protagonisti sono i membri della nobile famiglia guidata da Don Fabrizio Corbera, Principe di Salina. Uomo burbero ma tutto sommato buono, fu interpretato con grande maestria da Burt Lancaster! Il Principe è attorniato da una serie di figure quali il gesuita Padre Pirrone (Romolo Valli), la moglie Maria Stella, la figlia Concetta, e soprattutto Tancredi. Quest’ultimo, suo nipote (uno spavaldo Alain Delon), è un bel giovane dalle belle speranze, che non esita ad unirsi ai mille guidati da Garibaldi appena sbarcati a Marsala: «Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi», dice allo zio poco prima della sua partenza. È una contraddizione, ma la storia gli darà ragione.

La prima parte del film è ambientata a Palermo; in seguito ai moti garibaldini che raggiungono la città, la famiglia si trasferisce nel feudo di Donnafugata. Appena arrivati, sono serviti e riveriti dalle autorità locali, agli antipodi del Principe: quest’ultimo è un’esponente dell’aristocrazia siciliana, classe ormai in declino, alla quale l’annessione all’Italia tramite plebiscito dà il colpo di grazia; un nuovo ceto è in forte ascesa, quella della borghesia, rappresentata nel film da Don Calogero Sedara (Paolo Stoppa), uomo dalle maniere rozze e non avvezzo ai costumi – intesi sia come maniere che come vestiti – della nobiltà. Tuttavia, Don Sedara ha dalla sua ingenti ricchezze e Angelica, figlia di abbagliante bellezza: Continua a leggere

Twelve angry men: l’elogio della parola di Sidney Lumet

Parola2La parola ai giurati è un film del 1957, opera prima di Sidney Lumet, uno dei massimi esponenti del cinema statunitense a cavallo fra anni ‘60 e ‘70.

La pellicola è ispirata a uno sceneggiato televisivo risalente al 1954, Twelve Angry Men, ed è collocabile nel sotto-genere giallo del courtroom movie, dove l’azione si svolge nelle aule dei tribunali: protagonisti della pellicola sono, infatti, dodici giurati che devono decidere su un caso di omicidio; un uomo è stato ucciso ed il colpevole – prove alla mano – è il figlio. Tutti i membri della giuria sono d’accordo, tranne uno, che cercherà di convincere gli altri a rivedere la loro posizione sulla base di un “ragionevole dubbio”. Se non ci sarà unanimità nel verdetto, il ragazzo non verrà condannato a morte.

Tranne l’explicit, la vicenda si svolge tutta in interni, per l’esattezza in una sola camera, dove la giuria ragiona sugli avvenimenti, provocando nello spettatore una sensazione di claustrofobia: Lumet per tutta la durata del film gioca con obiettivi e inquadrature, per sottolineare come le divergenze in seno al gruppo vadano progressivamente assottigliandosi; inoltre, dei vari personaggi non è rivelato il nome (si distinguono in base ai numeri), ma essi si caratterizzano in base alle loro azioni e convinzioni. Continua a leggere

Dino Risi e Il Sorpasso della commedia all’italiana

Sorpasso

Roma, ferragosto 1962: le strade della capitale sono deserte, o quasi: alla guida di una Lancia Aurelia B24 c’è Bruno Cortona, che vaga per la città alla ricerca di sigarette e un telefono pubblico. Il destino gli farà incontrare Roberto Mariani, studente di legge rimasto a casa per preparare gli esami; Roberto però, convinto dall’uomo appena conosciuto, mollerà i libri intraprendendo con lui un viaggio in spider – lungo la Via Aurelia – che gli cambierà la vita.

Questa è, a grandi linee, la vicenda raccontata dal film Il Sorpasso, diretto nel 1962 da Dino Risi, che guarda al bel paese con occhi critici, disincantati e anche un po’ cinici, dipingendo una nazione dove i furbi vanno avanti a discapito degli onesti: questa pellicola è certamente uno dei più fulgidi esempi di commedia all’italiana… Ma cosa s’intende per “commedia all’italiana”?

Nell’immediato secondo dopoguerra, ci pensò il Neorealismo a ritrarre crudamente l’Italia, devastata sul piano territoriale e morale dal conflitto mondiale; tuttavia, tra gli anni ‘50 e ‘60, la nostra penisola conobbe un periodo caratterizzato da benessere e sviluppo, generalmente definito come boom economico.

Intanto, nel mondo del cinema, la fase neorealista volgeva al termine per lasciare spazio alla commedia all’italiana, Continua a leggere

Alien: nello spazio nessuno può sentirti urlare

“In space no one can hear you scream”, nello spazio nessuno può sentirti urlare: questa è la tag-line di Alien, film diretto nel 1979 da Ridley Scott, e mai slogan promozionale fu più azzeccato.

Risveglio dall'ipersonno

Dopo il successo di Guerre Stellari, la 20th Century Fox permise la produzione di una sceneggiatura fantascientifica, scritta da Dan O’Bannon; fu ingaggiato come regista Ridley Scott. Protagonista della storia è l’astronave mercantile Nostromo: diretta verso la terra, i suoi membri dell’equipaggio vengono risvegliati dall’ipersonno dal computer di bordo, che ha ricevuto un segnale di SOS proveniente da un pianeta sconosciuto. Dallas, capitano dell’astronave, decide di indagare, nonostante le perplessità di Ripley, suo vice. Nel momento in cui uno degli esploratori, attaccato da un alieno di razza sconosciuta, verrà riportato sull’astronave, inizierà la lotta per la sopravvivenza fra gli umani e l’ospite indesiderato.

Questo canovaccio filmico, già presente nel film La cosa dell’altro mondo, lungometraggio statunitense del 1951 (del quale verrà poi girato un remake da John Carpenter, intitolato La Cosa, nel 1982), verrà poi ripreso – alcuni anni dopo – dal film Predator, opera di John McTiernan.

Perlustrazione pianeta

Alien è una pellicola a metà strada fra fantascienza ed horror. Nella prima parte, viene mostrata la ricognizione del pianeta da parte di tre dei membri dell’equipaggio: sia il paesaggio brullo, disabitato e dominato dall’oscurità, sia la maestosità dell’enorme relitto alieno in cui si imbattono i protagonisti durante la perlustrazione, fanno presagire future sventure. Nella seconda parte, la vicenda si sposta sull’astronave, e la scenografia subisce un evidente mutamento; la Nostromo, infatti, trasmette sensazioni d’ansia e claustrofobia, per via della sua conformazione: tunnel, condotti d’aerazione e luoghi chiusi scarsamente illuminati. Continua a leggere