Oggi è la mia giornata.
Oggi incontro la mia Jane. Jane Austen.
È con cuore trepidante che mi avvicino a una delle figure più prestigiose e a mio avviso più affascinanti della letteratura inglese, vissuta tra fine Settecento e inizio Ottocento.
La scrittrice, almeno fisicamente, mi appare corrispondente a quelle poche immagini che avevo visto di lei. Indossa un vestito azzurro polvere, stretto in vita che cade morbido sulla sua figura, lasciando intravedere le sue forme. I capelli sono raccolti in un grazioso chignon e qualche ricciolo ribelle sfugge alla crocchia e si posa sulla nuca.
La guardo da lontano e mi accingo ad entrare nella sua stanza. È proprio come la immaginavo: il suo amato scrittoio, i suoi volumi, carte, carte ovunque, appunti, blocchi e bigliettini sparsi in ogni angolo.
Mi accoglie sorridendo con garbo, movenze eleganti e, indicandomi la poltrona, mi fa gesto di sedere.
«A cup of tea, darling?» mi chiede con un’aria un po’ stanca, lasciandosi abbracciare dalla poltrona.
Si sa: non si può rifiutare una tazza di english tea, anche se fuori ci sono quaranta gradi. Accetto e, sorseggiando lentamente il mio tè, rigorosamente amaro, mi appresto a parlarle.
Mi interrompe.
«Come preferiresti parlare, Vera?»
Con stupore mi accorgo che parla un buffo italiano con un caricaturale accento inglese.
Le spiego che preferisco dialogare in italiano, se non le dispiace, per facilitare così ai lettori la comprensione. Lei mi sorride annuendo.
Le dico che salterò le solite domande di rito, quelle che le avranno fatto, prima di me, fino alla nausea. Non le chiederò quale sia la sua eroina preferita, quale il suo autore d’ispirazione o il suo libro del cuore. Non le chiederò in quale delle sue figure femminili ella si ritrovi.
Le chiederò di perdonare il mio ardire nel vedere in lei, in questo breve frangente, solo una donna intellettuale e un’amica preziosa da cui poter carpire qualche consiglio ricco della sua secolare esperienza.
«Sono una donna innamorata, Jane. Innamorata, ma soprattutto ferita. Vivo una condizione difficile in cui sono combattuta tra i sentimenti che mi legano e le avversità che mi allontanano».
«Oh, dear! Non puoi amare meno qualcuno solo perché ti ha ferita. A meno che non fu con costui tutta sofferenza, null’altro che sofferenza. Ma, mia cara, se fosse stata sola sofferenza, saremmo qui ora a parlarne? I sentimenti non possono provarsi a metà, i sentimenti sono eccessivi, è nella loro stessa natura. Le avversità si superano, bisogna essere capaci di grandi sacrifici e tolleranza».
«Come faccio? Come faccio, Jane, a capire qual è il limite di questi sacrifici, di questa tolleranza?» Continua a leggere →