Di alcuni fenomeni non si parla non solo perché sono rari ma anche perché imbarazzano. Questo spiega perché Arianna di Carlo Lavagna è il primo film italiano a trattare di ermafroditismo. Solo un’argentina, prima di lui, ne aveva parlato ed è Lucia Puenzo nel film XXY del 2007.
La cinematografia ha il merito di tirar fuori storie nascoste, di toglierne la polvere degli scaffali e di mostrarne il contenuto, certe volte con imprecisione, soprattutto quando si tratta di temi su cui la comunità scientifica veglia con attenzione, o quasi.
Ma i film raccontano, emozionano, danno spunti: questo è il loro compito. La scienza fa altro, molte volte chiusa nelle accademie e nei centri di ricerca, perché certe cose devono restare a conoscenza di pochi, di chi vive il dramma, come quando qualcuno ha detto “i panni sporchi si lavano in famiglia”. In realtà certe volte i panni si devono lavare in comunità, quando ciò può essere utile a noi stessi e agli altri.
Parlare di ermafroditismo, termine peraltro considerato improprio, è sempre difficile. Soprattutto se gli studi scientifici sono attualmente poco imponenti. L’argomento non tocca, non preme, non ci riguarda: l’ermafroditismo è, infatti, un fenomeno rarissimo negli esseri umani. Nelle altre specie un po’ meno: i pesci e le lumache, ad esempio, possono presentare caratteri sessuali di entrambi i generi o mutarli prima della nascita. Solo i mammiferi hanno una differenziazione sessuale così rigida. Ciò non deve trarre in inganno, però, perché al di là dei disturbi fisici dell’ermafroditismo e dello pseudoermafroditismo, noi “non siamo maschi e femmine tagliati col coltello”, come disse Adele Faccio, storica militante radicale. La rigorosa discriminante è solo una convinzione figlia di una cultura separatista che provoca danni e incomprensioni, a partire dal transessualismo fino al fenomeno in specie.
Il fatto che l’ermafroditismo – o intersessualità – sia una condizione umana inusuale non significa che non abbia alcun rilievo. Si tratta di una minoranza, ma minoranza non equivale a non esistenza. Gli ermafroditi alla nascita presentano entrambi i caratteri sessuali o ambiguità tali da indurre nei genitori uno stato di ansia etero-prodotta. Molto spesso sono le stesse madri a voler “normalizzare” i nati, spinte da una tendenza ad adeguarsi a norme sociali e a schemi precostituiti in cui non c’è spazio per gli individui che sono maschi e femmine al tempo stesso. E allora le storie degli ermafroditi sono quasi tutte simili – un po’ come quella raccontata nel 2015 da Carlo Lavagna – e cioè: nascita, amputazione nella fase perinatale e crescita con assunzione costante di ormoni.
Per la scelta del sesso si ricorre ad esami volti a valutare la preponderanza ormonale, che informano della prevalenza del testosterone sugli estrogeni o viceversa, per poi intervenire chirurgicamente.
Più diffusa è la castrazione rispetto alla chiusura della vulva, anche se i risultati non sono sempre eccellenti, se si pensa ai disturbi di cui possono soffrire e soffrono gli ermafroditi nel mondo. Sono quelle stesse paure che insidiano Arianna, la protagonista del film di Lavagna: a 19 anni non ha avuto il menarca e non ha sviluppato il seno; ogni giorno indossa un cerotto per la cura ormonale e si tormenta sul perché non riesca a vivere tranquillamente la sessualità.
Non solo ansia, ma vera e propria depressione che può spingere al suicidio, come fu per Herculine Barbine, ermafrodita il cui caso risale al 1800.
Spesso i protagonisti di queste vicende non sono nemmeno a conoscenza di tutto quanto il destino ha per loro riservato, proprio come Arianna che scopre da sola di essere stata sottoposta ad operazione chirurgica all’età di tre anni, intervento spacciato dai genitori per un’ernia, caso in cui è evidente il forte clima di ipocrisia in cui sono costrette a vivere queste persone. Continua a leggere →