Sfide identitarie a sinistra. Berlinguer e Craxi

Enrico Berlinguer e Bettino Craxidi Fabio Carbone | La questione della lotta per l’egemonia culturale a sinistra tra il PCI e il PSI delle segreterie Berlinguer e Craxi, che rappresentano l’apice dello scontro culturale tra i due partiti di massa della sinistra italiana novecentesca, muove dal monopolio della contestazione che il PCI aveva costruito fin dal 1948 per promuovere la sua identità politica. La storiografia ha sempre tentato di cogliere il reale peso della battaglia ideologica non solo nell’immediatezza delle vicende politiche del periodo (dal compromesso storico alla questione morale) ma anche nei decenni successivi, fino ad arrivare a Tangentopoli, che ha consegnato Craxi alla storia come il responsabile della distruzione di un patrimonio politico ultracentenario nonché della degenerazione del sistema partitico italiano. Berlinguer, a dispetto del revisionismo che negli ultimi anni è stato proposto soprattutto dagli eredi dello stesso PCI, rimane una figura politica e morale che, nonostante gli errori fatti durante la sua segreteria, ha dimostrato che la resistenza a quella «modernizzazione» della sinistra voluta da Craxi aveva le sue ragioni di fondo. I «pensieri lunghi» di Berlinguer nei confronti della battaglia culturale contro il riformismo affaristico del PSI craxiano ebbero un ruolo determinante nel tentativo di preservare l’identità tradizionale della sinistra, poi rinnegata da molti degli eredi della «svolta della Bolognina» e minata continuamente dal revisionismo che, a destra come a sinistra, si è voluto fare per recuperare la figura del segretario socialista. La questione dell’«egemonia culturale» della Sinistra, trattata per oltre un cinquantennio a partire dal ritorno in Parlamento del PCI e del PSI, è stata una costante fondamentale nella società italiana della seconda metà del XX secolo. La strategia gramsciana, delineata nei Quaderni dal carcere, vertente sull’occupazione dei principali agenti di socializzazione era stata pervicacemente ripresa e sviluppata da Palmiro Togliatti nel decennio successivo al secondo dopoguerra, capace di costruire un nucleo culturale identitario ideologicamente protetto da una solida ossatura integralmente comunista. L’«Operazione Gramsci», come recita il titolo del recente libro di Francesca Chiarotto, fu una certosina opera di avviamento di un dialogo con la società italiana nell’ottica di impiantare dentro di essa il seme della congiunzione dell’identità comunista con la cultura nazionale. Continua a leggere