«Però Jim era Morrison ed era un po’ queer»: viaggio alla scoperta de I treni non portano qui

Sembrano portare lontano i binari de I treni non portano qui, giovane band casertana il cui primo EP, intitolato Carmagnola, è uscito il 30 maggio in versione digitale gratuita. L’intervista a Valerio Casanova (testi, voce e chitarra), Maria Tì D’Errico (piano, synth e cori), Giulio Verazzo (basso, cori) ed Ettore Mariano (batteria e tammorra).

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Quando sono entrata per la prima volta nel vostro sito ho dato un’occhiata alla descrizione e ho letto: «Nati ieri, dalla fusione di una mappata di parole, una tammorra e il synth di Caparezza». Parliamone!

La “mappata” di parole era la roba che scriveva Valerio; la tammorra, be’, la suona Ettore e il synth di Caparezza è l’Akai Miniak che Maria ha usato per un po’ quando la band era ai primissimi inizi. Comprato usato in una trasferta bolognese, l’ex proprietario era un certo Michele Salvemini, da Molfetta. Abbiamo proprio la custodia con scritto il nome a caratteri cubitali. E chissenefrega se ci sono milioni di Michele Salvemini a Molfetta: per noi sarà sempre il synth di Caparezza.

Il vostro EP ha una storia particolare, sin dal titolo. Inizialmente avrebbe dovuto chiamarsi Canzoni d’amore scontatissime, immagino perché la tematica amorosa è viva in tutto l’album e traspare anche in canzoni più crude e ruggenti – come Isacco è morto, dove a non risorgere è proprio il sentimento. Poi avete deciso di dare un nuovo filo rosso alla vostra prima narrazione. Perché? Cosa rappresenta per voi la carmagnola?

Canzoni d’amore scontatissime era un titolo parecchio embrionale: in origine il sound doveva essere un’altra cosa e il disco era diverso per due tracce su cinque! La tracklist precedente era composta esclusivamente da canzoni d’amore: che poi fossero scontate o no, era una cosa su cui giocavamo un po’ su. Nella nuova tracklist faticavamo a trovare questo filo rosso, perciò abbiamo voluto scegliere un titolo che è, tra molte virgolette, una sorta di dichiarazione di poetica. “Carmagnola” indica la nostra attitudine verso quello che facciamo: è un canto rivoluzionario francese ed esprime per noi l’idea che con la musica e la danza sia possibile cambiare il mondo. Ogni canzone capace di trasmettere qualcosa si trasforma in una carmagnola, perché provoca un cambiamento emozionale o di pensiero che è anche, come dire, una piccola rivoluzione interiore. Continua a leggere