Paul Thomas Anderson non sbaglia un film. Appunti su Phantom Thread

Quando Paul Thomas Anderson è al cinema il weekend dura fino a giovedì. Premesso questo, insieme alla verità inconfutabile che i suoi film vanno visti almeno due volte, fossi in voi ne approfitterei di questo weekend lungo per vedere Il filo nascosto (Phantom Thread).

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Bisogna dire fin da subito che il film è destinato ad entrare in una storia triste solo perché è probabilmente l’ultimo dell’attore britannico Daniel Day-Lewis ovvero, come disse qualcuno, “Il Federer della recitazione”, ma non è questo il punto. Se è vero che io sono un grande ammiratore di Anderson è altrettanto vero che si fa fatica a non ammettere che il regista americano non abbia ancora sbagliato un film (e forse nemmeno un’inquadratura) in tutta la sua carriera, ed è un peso che si porta dietro ma che in un certo modo non condivide con noi spettatori: ciò che voglio dire è che ogni qual volta vedo un film di Anderson mi viene da pensare “questo è il suo capolavoro”, come se azzerasse la filmografia, alleggerendo l’imponenza dei film precedenti. Questo non significa però che un po’ di The Master o di Il Petroliere non ci sia ne Il Filo nascosto, o che non ci sia un po’ di Hitchcock. Anzi, lo stile di Anderson (che qui cura anche la fotografia) è riconoscibile in tanti momenti, dalla pulizia, la cura delle immagini, al rimando finale della soluzione degli eventi narrati.

Ma di cosa parla questo film?

28548460_10215894614668737_735574137_oIl filo nascosto è ambientato nella Londra degli anni ’50, (Anderson in un’intervista disse che gli anni ’50 sono i suoi anni preferiti), più in particolare nel mondo della moda artigianale: Reynolds Woodcock è uno stilista, maniaco del suo lavoro, ossessionato da questo e dalla sua quotidianità. Irrompe (sei qui per rovinare la mia vita?) nel suo mondo una meravigliosa ragazza che si presta come modella per le sue creazioni e con cui si instaura un rapporto molto strano sin dall’inizio del film, una relazione che metterà sottosopra la “casa” di Reynolds. È un film sulla moda? È un film sull’amore, sulle relazioni, sulle ripetizioni? È una specie di biopic, un film sulla figura dell’artista? Continua a leggere