Ho dato la mia parola
ero molto giovane
e il buon senso consigliava
di non dare la mia parola
potevo dire apertamente
ci penserò ancora
non c’è fretta
non è l’orario dei treni
darò la mia parola dopo la maturità
dopo il servizio militare
quando avrò messo su casa
ma il tempo esplodeva
non c’era più un prima
non c’era più un dopo
nell’accecante presente
toccava scegliere
e così diedi la mia parola
la parola –
un cappio al collo
l’ultima parola
nei rari momenti
in cui tutto diventa leggero
acquista trasparenza
io penso
«do la mia parola
volentieri
ritirerei la parola data»
ma dura poco
perché ecco – cigola l’asse del mondo
passano le persone
i paesaggi
i cerchi colorati del tempo
e la parola data
mi fa un groppo in gola
L’ epilogo della tempesta è l’ultima opera pubblicata in vita dal poeta polacco Zbigniew Herbert. Poeta identificato spesso con l’attributo di “classico”, per i richiami al mondo antico, per il dissenso che inonda la sua opera negli anni del totalitarismo e la forte presenza della tradizione, sembra qui tirare le somme della sua vita, aprendo il proprio io lirico, in poesie che appaiono come continue confessioni. È qui che la famosa maschera poetica herbertiana del Signor Cogito fa la sua ultima apparizione.
Anche questa lirica, come la precedente della rubrica (vedi Mark Strand) si concentra sul mancato, su ciò che non è stato, sullo scarto tra ciò che sarebbe potuto essere e ciò che è realmente accaduto. Quella distanza sulla quale cigola l’asse del mondo, su cui il poeta riflette, pagando in vecchiaia la leggerezza e le parole della giovinezza. Continua a leggere